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SUISEKI, ARTE O FILOSOFIA?
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SUISEKI, ARTE O FILOSOFIA?
SUISEKI, ARTE O FILOSOFIA?
Le pietre, testimonianze della natura.
A cura di Armando Dal Col
Nato in Cina oltre 2000 anni fa, il Suiseki è una forma d’arte che si è “affacciata” in Italia solo da un paio di decenni prima della fine del secondo millennio, e così è avvenuto anche nel resto dell’Occidente. La raffigurazione del Suiseki rappresenta delle forme simboliche della natura.
Confesso che non ho una grande conoscenza della filosofia del Suiseki, pur essendomi interessato fin dal 1975 cercando di diffonderlo in Italia. Lo so che non esiste una sola verità, e di certo non voglio imporvi la mia; cercherò di coinvolgervi nella mia passione in punta di piedi, lasciando ad ognuno di voi la scelta d’accostarsi al fascino che le pietre suscitano. Non me ne vogliano i puristi del Suiseki per come li presento, li vedo e li sento a modo mio, e se vi ho portato fuori strada, vi prego di scusarmi.
La parola Suiseki è composta da due ideogrammi: Sui, che significa “acqua” e Seki che vuol dire “pietra”, e in origine la pietra veniva immersa in un vassoio senza i fori di drenaggio e dal colore che potesse richiamare l’acqua.
In seguito quest’uso venne meno, e si usò la sabbia fine e levigata per simboleggiare il liquido elemento che poteva simulare il mare, l’impetuoso torrente o il quieto lago. Attualmente per Suiseki si intende comunemente la pietra posta su un vassoio di ceramica (o di bronzo) molto basso e senza i fori di drenaggio che si chiama “Suiban”, oppure un supporto di legno o “Dai, Daiza”, modellato secondo il contorno della pietra stessa. Il vassoio Suiban o il supporto di legno per la pietra ha molte analogie con il vaso per il Bonsai, poiché entrambi rappresentano la continuità del paesaggio circostante del soggetto che vi viene posto.
Lo stesso Suiseki può cambiare “abito”, infatti, nelle calde giornate d’estate l’uomo e gli animali cercano di ripararsi all’ombra di un vecchio albero per godere della frescura, e così pure il Suiseki viene esposto in un Suiban contenente della sabbia fine, in quanto crea un’atmosfera più fresca. Viceversa, nel periodo invernale viene presentato nel Daiza, o base di legno, in quanto crea un ambiente più caldo.
La metafora appena descritta non è così assurda o fantasiosa come si potrebbe presumere: nel concetto, e nella parola stessa, Suiseki, è racchiuso un preciso simbolismo della filosofia Zen, simbolismo che fu un apporto giapponese a quest’arte.
Dopo circa seicento anni dalla sua nascita, infatti, il Suiseki fu importato in Giappone da alcuni monaci buddisti. E là dove in Cina le pietre-paesaggio erano soprattutto omaggio superstizioso a divinità piuttosto suscettibili, in Giappone divennero un ottimo strumento per divulgare le dottrine filosofiche del Buddismo Zen.
Acqua e pietra sono quindi rappresentazioni dei principi Yin e Yang, da cui tutto deriva e a cui tutto è riconducibile.
Yin è il principio femminile, e dunque l’acqua, e tutto ciò che è tenero, flessibile, umido, freddo, buio, ricettivo, concavo, interno e interiore.
Yang, principio maschile, è la pietra, e cioè calda, ruvida, solida, immutabile, solare, convessa, penetrante, esteriore. L’unione dei due princìpi è perfezione, eternità, divinità: tutto ciò a cui deve aspirare l’uomo saggio, e perciò è bene che gli sia ricordato che i simboli del Suiseki, con i quali peraltro può allenarsi alla meditazione, conducono alla ricerca interiore.
Ma per capire qualcosa in più del mondo ideale e idealizzato del Suiseki bisogna considerare che, a differenza del Bonsai, il materiale adoperato è assolutamente inerte, immutabile appunto, e che l’uomo non può e non deve in nessun modo intervenire sul “corpo” della pietra, ma solo sull’acqua (o sulla sua rappresentazione che è il piedistallo, meglio definito con il nome di “Daiza”). Infatti, l’unico intervento diretto sulla pietra può essere acconsentito solo nel taglio parziale di qualche spuntone roccioso presente sotto la base della pietra, questo per agevolare il lavoro della costruzione della base di legno, mentre la simulazione di cascate d’acqua, crepacci, valli devono essere fatti dalla natura, non dalla mano dell’uomo. E in questo piegarsi del legno alle linee della pietra sta il richiamo all’acqua che, per sua natura, si adatta appunto, in una sorta di abbraccio materno, alla solidità dell’elemento che vi viene posto. Così l’uomo, dovendo accontentarsi di cercare e trovare le pietre, pulirle dalle eventuali incrostazioni e sceglierne il lato migliore come futuro fronte, non dimentica la sua natura umile e imperfetta di fronte alla divinità, che è la vera artefice -e artista- del Suiseki.
Come per il Bonsai, comunque, anche qui esistono degli stili o meglio “chiavi di lettura” che ne regolano la forma con delle caratteristiche che ne rivelano il contenuto.
Gli stili o chiavi di lettura sono cinque; secondo il primo, la pietra deve chiamare alla memoria le sembianze di una montagna o un’isola. Il secondo è quello dello zoomorfismo o dell’antropomorfismo. Nel terzo la pietra ha una forma puramente astratta, particolarmente bella o curiosa. Il quarto comprende pietre composte da diversi minerali come il quarzo che può far apparire delle figure umane, o di animali, oppure dei fiori come la famosa “pietra crisantemo” o Kikkaseki presente in Giappone. Il quinto, raffigura semplicemente delle pietre colorate dalle forme interessanti.
Le quattro caratteristiche essenziali del Suiseki sono ancora espressione della filosofia Zen. Si tratta di Wabi, Sabi, Jugen e Shibui; con una traduzione inevitabilmente sommaria, - perché concetti filosofici sono sempre difficilmente trasportabili in altre lingue che non siano quella d’origine-. Potremmo definirli Modestia, Maturità, Mistero e Compostezza, ma anche Malinconia, Solitudine, Meditazione. Di queste qualità, almeno due devono essere presenti in un Suiseki per definirlo tale, secondo lo Zen. E di tutte, le più alte, preziose e desiderabili -nella pietra certo, ma naturalmente anche nell’uomo- sono la Modestia e la Maturità, che insieme danno una condizione (rara e insidiabile, perché vicina al mondo divino) che si potrebbe chiamare “profondità dello spirito”.
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Il Tempio Ryoan-ji.
Il Tempio Ryoan-ji si trova a Kyoto, in Giappone e fu costruito nel 1450 secondo i codici della filosofia Zen dal famoso artista Soami.
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Storico Suiseki giapponese.
Questa pietra isola fa parte della storia del Suiseki in Giappone. Il vaso Suiban, molto antico, è appoggiato sopra un tavolino di ciliegio, e la pietra nera Palombino simula un’isola con l’altipiano, la quale “emerge” dalle acque del mare rappresentato dalla sabbia bianca.
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Pietra Kikkaseki giapponese.
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Cultura cinese, Suiseki in grandi vassoi di marmo.
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Suiseki delle Dolomiti Bellunesi.
Veramente splendida questa pietra dolomitica che rappresenta il picco di una montagna.
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Suiseki, culture a confronto.
La dama dell’800 ammira la pietra-paesaggio con una certa nobile ponderazione.
La pietra è qui presentata in un vassoio di bambù, riempito in parte con della sabbia di fiume.
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Montagna dei mari del Nord.
La pietra è stata inserita in un Suiban ovale, e la posizione nel vaso rispetta le stesse regole come il Bonsai. La pietra ha un movimento dominante verso sinistra, per cui è stata posizionata nel vaso sul lato destro e in posizione decentrata.
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Suiseki, pietra marina.
Il Sauro e la Tartaruga.
Questa pietra appartiene alla seconda chiave di lettura o stile ed è quello dello “zoomorfismo”, il quale simboleggia un sauro e una tartaruga; l’uno, possente e dominatore, l’altra, indifesa e timida.
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Suiseki, l’Aquila reale.
La Natura non finisce mai di stupire. La rassomiglianza di questa pietra con l’aquila reale è davvero impressionante, ed è pure infortunata alla coda; qui la osserviamo mentre sta per spiccare il volo.
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Suiseki, Giano Bifronte.
Anche questa pietra proveniente dalle Dolomiti Bellunesi fa parte del secondo stile, identificabile nel gruppo della chiave di lettura dello zoomorfismo e dell’antropomorfismo. Ed è curioso il fatto che la pietra abbia due fronti con una chiave di lettura facilmente identificabile.
Questo primo fronte può raffigurare un frate mentre prega o predica, ma io lo vedo meglio come Giano Bifronte, mitico re del Lazio, era figlio di Apollo e della Ninfa Creusa.
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Suiseki, la Marmotta, la faccia posteriore di Giano Bifronte.
E’ incredibile come una semplice pietra possa nascondere più facce. Infatti, il lato posteriore di questo Suiseki rivela le inconfondibili sembianze della simpatica Marmotta che, guardinga, osserva da dietro una roccia delle Dolomiti l’uomo che è entrato nel suo territorio.
Primo piano della pietra-marmotta.
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Suiseki, montagna vista da lontano.
Questo Suiseki simula una montagna vista in lontananza con le sue ricche distese di vegetazione arborea. Ai confini del bosco misto, si espandono i verdi pascoli nella quiete pedemontana.
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Suiseki, “Boletus edulis” (fungo Porcino).
Da notare la straordinaria somiglianza di questa pietra con il buon fungo “Porcino”.
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Montagna del Colorado.
In alcune aree del Colorado le montagne sembrano levigate dalle tormente di sabbia, assumendone anche la colorazione.
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Veduta aerea di una grande isola in mezzo all’oceano.
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Rara pietra dal colore verde acqua marina proveniente dalla Liguria.
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Montagna dal fascino irresistibile.
I licheni appariscenti sulle pareti della nuda roccia esprimono un fascino davvero molto suggestivo.
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Pietra-Pagoda premiata a Singapore.
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Pietra con foglie di Carpino fossilizzate.
Le foglie di carpino si sono pietrificate conservando tutta la loro struttura.
Montagna delle Dolomiti Bellunesi.
Questa pietra delle dimensioni di alcuni centimetri rappresenta un massiccio dolomitico in tutta la sua straordinaria bellezza.
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Pietra figura raffigurante la Madonna.
Le linee stilizzate di questa pietra racchiudono l’immagine sacra della Madonna, la quale si erge serenamente sopra un prato fiorito.
TECNICHE DI LAVORAZIONE PER LA CREAZIONE DI UN ADEGUATO SUPPORTO PER LA PIETRA: IL “DAIZA”.
Andare per Suiseki è come andare in cerca di possibili bonsai, o meglio “Araki”. (Piante selvatiche con delle caratteristiche adatte ad essere trasformate in futuri bonsai).
Si può girare tutto il giorno e tornarsene a casa a mani vuote, oppure scendere dalla macchina e trovare a pochi passi la pietra che ci fa innamorare. Ecco perché non è la bellezza, o non è solo quella, che si cerca: la pietra (come l’albero) deve trasmetterci qualcosa, deve scuoterci emotivamente, provocare un pur piccolo terremoto interiore; dobbiamo insomma “innamorarcene” un po’.
Nel realizzare dei supporti in legno per alcune mie pietre sono stato un autodidatta, poiché non ho mai avuto l’opportunità di lavorare il legno, il che mi è costato tempo, fatica, insuccessi… e qualche cerotto. Alla fine, però, ho imparato alcuni trucchetti.
Gli attrezzi minimi necessari sono: matita, coltello-ronchetto, sgorbie di varie misure, scalpelli, martello o mazzetta di legno da scultori, seghetto, carta abrasiva di grane differenti e, per i più esigenti, fresa meccanica con albero flessibile munito di frese dalle varie funzioni.
Un’ultima considerazione da tener presente: per questioni ottiche, l’altezza del Dai, piedini compresi, dovrebbe avere le stesse proporzioni come quelle di un bel Bonsai maturo inserito in un vaso appropriato.
ecniche di lavorazione per creare il Dai.
Dopo aver tracciato il perimetro delle pietre, taglio con il seghetto elettrico la parte di asse necessaria per poter ricavarne le basi.
Tre pietre avranno il loro Dai.
Pietra paesaggio dal carattere “femminile”.
Haina traccia il perimetro della pietra.
Controllo dell’intaglio scavato.
Haina avvicina la pietra introducendola nell’intaglio della base di legno per verificarne la tenuta.
La base di legno è stata ultimata, levigata e verniciata. Ora è pronta ad accogliere la pietra che diventerà così un Suiseki.
Il daiza visto dalla parte posteriore.
I piedini seguono anche sul retro le linee dominanti della pietra.
Il connubio della pietra con il Daiza è stato ottenuto, ed entrambi sembrano appartenere a se stessi. Le linee morbide della pietra ben armonizzano con quelle del piedistallo, ed ora il Suiseki è pronto per essere esposto e ammirato, fornendo al visitatore spunti di interpretazione individuale.
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Pietra “Anatrosauro”.
Questa pietra ha le sembianze di un animale preistorico simile all’Anatrosauro ripreso nel suo “ambiente” naturale mentre nuota nelle calme acque di un lago. Il Dai è stato studiato per simulare il “movimento dell’acqua” prodotto dall’animale.
Con il coltello-ronchetto è stato tolto il legno eccedente lungo i fianchi del Dai
Scalpelli e sgorbie sono strumenti necessari per scolpire il Dai. Ma in questa fase di lavorazione bisogna prestare la massima attenzione per non danneggiare i piedini e il profilo del piedistallo.
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Suiseki “in meditazione”.
Il monaco Zen, allontanatosi dal tempio, si raccoglie in meditazione a contatto con una natura incontaminata.
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Le pietre, testimonianze della natura.
A cura di Armando Dal Col
Nato in Cina oltre 2000 anni fa, il Suiseki è una forma d’arte che si è “affacciata” in Italia solo da un paio di decenni prima della fine del secondo millennio, e così è avvenuto anche nel resto dell’Occidente. La raffigurazione del Suiseki rappresenta delle forme simboliche della natura.
Confesso che non ho una grande conoscenza della filosofia del Suiseki, pur essendomi interessato fin dal 1975 cercando di diffonderlo in Italia. Lo so che non esiste una sola verità, e di certo non voglio imporvi la mia; cercherò di coinvolgervi nella mia passione in punta di piedi, lasciando ad ognuno di voi la scelta d’accostarsi al fascino che le pietre suscitano. Non me ne vogliano i puristi del Suiseki per come li presento, li vedo e li sento a modo mio, e se vi ho portato fuori strada, vi prego di scusarmi.
La parola Suiseki è composta da due ideogrammi: Sui, che significa “acqua” e Seki che vuol dire “pietra”, e in origine la pietra veniva immersa in un vassoio senza i fori di drenaggio e dal colore che potesse richiamare l’acqua.
In seguito quest’uso venne meno, e si usò la sabbia fine e levigata per simboleggiare il liquido elemento che poteva simulare il mare, l’impetuoso torrente o il quieto lago. Attualmente per Suiseki si intende comunemente la pietra posta su un vassoio di ceramica (o di bronzo) molto basso e senza i fori di drenaggio che si chiama “Suiban”, oppure un supporto di legno o “Dai, Daiza”, modellato secondo il contorno della pietra stessa. Il vassoio Suiban o il supporto di legno per la pietra ha molte analogie con il vaso per il Bonsai, poiché entrambi rappresentano la continuità del paesaggio circostante del soggetto che vi viene posto.
Lo stesso Suiseki può cambiare “abito”, infatti, nelle calde giornate d’estate l’uomo e gli animali cercano di ripararsi all’ombra di un vecchio albero per godere della frescura, e così pure il Suiseki viene esposto in un Suiban contenente della sabbia fine, in quanto crea un’atmosfera più fresca. Viceversa, nel periodo invernale viene presentato nel Daiza, o base di legno, in quanto crea un ambiente più caldo.
La metafora appena descritta non è così assurda o fantasiosa come si potrebbe presumere: nel concetto, e nella parola stessa, Suiseki, è racchiuso un preciso simbolismo della filosofia Zen, simbolismo che fu un apporto giapponese a quest’arte.
Dopo circa seicento anni dalla sua nascita, infatti, il Suiseki fu importato in Giappone da alcuni monaci buddisti. E là dove in Cina le pietre-paesaggio erano soprattutto omaggio superstizioso a divinità piuttosto suscettibili, in Giappone divennero un ottimo strumento per divulgare le dottrine filosofiche del Buddismo Zen.
Acqua e pietra sono quindi rappresentazioni dei principi Yin e Yang, da cui tutto deriva e a cui tutto è riconducibile.
Yin è il principio femminile, e dunque l’acqua, e tutto ciò che è tenero, flessibile, umido, freddo, buio, ricettivo, concavo, interno e interiore.
Yang, principio maschile, è la pietra, e cioè calda, ruvida, solida, immutabile, solare, convessa, penetrante, esteriore. L’unione dei due princìpi è perfezione, eternità, divinità: tutto ciò a cui deve aspirare l’uomo saggio, e perciò è bene che gli sia ricordato che i simboli del Suiseki, con i quali peraltro può allenarsi alla meditazione, conducono alla ricerca interiore.
Ma per capire qualcosa in più del mondo ideale e idealizzato del Suiseki bisogna considerare che, a differenza del Bonsai, il materiale adoperato è assolutamente inerte, immutabile appunto, e che l’uomo non può e non deve in nessun modo intervenire sul “corpo” della pietra, ma solo sull’acqua (o sulla sua rappresentazione che è il piedistallo, meglio definito con il nome di “Daiza”). Infatti, l’unico intervento diretto sulla pietra può essere acconsentito solo nel taglio parziale di qualche spuntone roccioso presente sotto la base della pietra, questo per agevolare il lavoro della costruzione della base di legno, mentre la simulazione di cascate d’acqua, crepacci, valli devono essere fatti dalla natura, non dalla mano dell’uomo. E in questo piegarsi del legno alle linee della pietra sta il richiamo all’acqua che, per sua natura, si adatta appunto, in una sorta di abbraccio materno, alla solidità dell’elemento che vi viene posto. Così l’uomo, dovendo accontentarsi di cercare e trovare le pietre, pulirle dalle eventuali incrostazioni e sceglierne il lato migliore come futuro fronte, non dimentica la sua natura umile e imperfetta di fronte alla divinità, che è la vera artefice -e artista- del Suiseki.
Come per il Bonsai, comunque, anche qui esistono degli stili o meglio “chiavi di lettura” che ne regolano la forma con delle caratteristiche che ne rivelano il contenuto.
Gli stili o chiavi di lettura sono cinque; secondo il primo, la pietra deve chiamare alla memoria le sembianze di una montagna o un’isola. Il secondo è quello dello zoomorfismo o dell’antropomorfismo. Nel terzo la pietra ha una forma puramente astratta, particolarmente bella o curiosa. Il quarto comprende pietre composte da diversi minerali come il quarzo che può far apparire delle figure umane, o di animali, oppure dei fiori come la famosa “pietra crisantemo” o Kikkaseki presente in Giappone. Il quinto, raffigura semplicemente delle pietre colorate dalle forme interessanti.
Le quattro caratteristiche essenziali del Suiseki sono ancora espressione della filosofia Zen. Si tratta di Wabi, Sabi, Jugen e Shibui; con una traduzione inevitabilmente sommaria, - perché concetti filosofici sono sempre difficilmente trasportabili in altre lingue che non siano quella d’origine-. Potremmo definirli Modestia, Maturità, Mistero e Compostezza, ma anche Malinconia, Solitudine, Meditazione. Di queste qualità, almeno due devono essere presenti in un Suiseki per definirlo tale, secondo lo Zen. E di tutte, le più alte, preziose e desiderabili -nella pietra certo, ma naturalmente anche nell’uomo- sono la Modestia e la Maturità, che insieme danno una condizione (rara e insidiabile, perché vicina al mondo divino) che si potrebbe chiamare “profondità dello spirito”.
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Il Tempio Ryoan-ji.
Il Tempio Ryoan-ji si trova a Kyoto, in Giappone e fu costruito nel 1450 secondo i codici della filosofia Zen dal famoso artista Soami.
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Storico Suiseki giapponese.
Questa pietra isola fa parte della storia del Suiseki in Giappone. Il vaso Suiban, molto antico, è appoggiato sopra un tavolino di ciliegio, e la pietra nera Palombino simula un’isola con l’altipiano, la quale “emerge” dalle acque del mare rappresentato dalla sabbia bianca.
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Pietra Kikkaseki giapponese.
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Cultura cinese, Suiseki in grandi vassoi di marmo.
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Suiseki delle Dolomiti Bellunesi.
Veramente splendida questa pietra dolomitica che rappresenta il picco di una montagna.
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Suiseki, culture a confronto.
La dama dell’800 ammira la pietra-paesaggio con una certa nobile ponderazione.
La pietra è qui presentata in un vassoio di bambù, riempito in parte con della sabbia di fiume.
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Montagna dei mari del Nord.
La pietra è stata inserita in un Suiban ovale, e la posizione nel vaso rispetta le stesse regole come il Bonsai. La pietra ha un movimento dominante verso sinistra, per cui è stata posizionata nel vaso sul lato destro e in posizione decentrata.
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Suiseki, pietra marina.
Il Sauro e la Tartaruga.
Questa pietra appartiene alla seconda chiave di lettura o stile ed è quello dello “zoomorfismo”, il quale simboleggia un sauro e una tartaruga; l’uno, possente e dominatore, l’altra, indifesa e timida.
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Suiseki, l’Aquila reale.
La Natura non finisce mai di stupire. La rassomiglianza di questa pietra con l’aquila reale è davvero impressionante, ed è pure infortunata alla coda; qui la osserviamo mentre sta per spiccare il volo.
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Suiseki, Giano Bifronte.
Anche questa pietra proveniente dalle Dolomiti Bellunesi fa parte del secondo stile, identificabile nel gruppo della chiave di lettura dello zoomorfismo e dell’antropomorfismo. Ed è curioso il fatto che la pietra abbia due fronti con una chiave di lettura facilmente identificabile.
Questo primo fronte può raffigurare un frate mentre prega o predica, ma io lo vedo meglio come Giano Bifronte, mitico re del Lazio, era figlio di Apollo e della Ninfa Creusa.
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Suiseki, la Marmotta, la faccia posteriore di Giano Bifronte.
E’ incredibile come una semplice pietra possa nascondere più facce. Infatti, il lato posteriore di questo Suiseki rivela le inconfondibili sembianze della simpatica Marmotta che, guardinga, osserva da dietro una roccia delle Dolomiti l’uomo che è entrato nel suo territorio.
Primo piano della pietra-marmotta.
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Suiseki, montagna vista da lontano.
Questo Suiseki simula una montagna vista in lontananza con le sue ricche distese di vegetazione arborea. Ai confini del bosco misto, si espandono i verdi pascoli nella quiete pedemontana.
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Suiseki, “Boletus edulis” (fungo Porcino).
Da notare la straordinaria somiglianza di questa pietra con il buon fungo “Porcino”.
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Montagna del Colorado.
In alcune aree del Colorado le montagne sembrano levigate dalle tormente di sabbia, assumendone anche la colorazione.
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Veduta aerea di una grande isola in mezzo all’oceano.
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Rara pietra dal colore verde acqua marina proveniente dalla Liguria.
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Montagna dal fascino irresistibile.
I licheni appariscenti sulle pareti della nuda roccia esprimono un fascino davvero molto suggestivo.
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Pietra-Pagoda premiata a Singapore.
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Pietra con foglie di Carpino fossilizzate.
Le foglie di carpino si sono pietrificate conservando tutta la loro struttura.
Montagna delle Dolomiti Bellunesi.
Questa pietra delle dimensioni di alcuni centimetri rappresenta un massiccio dolomitico in tutta la sua straordinaria bellezza.
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Pietra figura raffigurante la Madonna.
Le linee stilizzate di questa pietra racchiudono l’immagine sacra della Madonna, la quale si erge serenamente sopra un prato fiorito.
TECNICHE DI LAVORAZIONE PER LA CREAZIONE DI UN ADEGUATO SUPPORTO PER LA PIETRA: IL “DAIZA”.
Andare per Suiseki è come andare in cerca di possibili bonsai, o meglio “Araki”. (Piante selvatiche con delle caratteristiche adatte ad essere trasformate in futuri bonsai).
Si può girare tutto il giorno e tornarsene a casa a mani vuote, oppure scendere dalla macchina e trovare a pochi passi la pietra che ci fa innamorare. Ecco perché non è la bellezza, o non è solo quella, che si cerca: la pietra (come l’albero) deve trasmetterci qualcosa, deve scuoterci emotivamente, provocare un pur piccolo terremoto interiore; dobbiamo insomma “innamorarcene” un po’.
Nel realizzare dei supporti in legno per alcune mie pietre sono stato un autodidatta, poiché non ho mai avuto l’opportunità di lavorare il legno, il che mi è costato tempo, fatica, insuccessi… e qualche cerotto. Alla fine, però, ho imparato alcuni trucchetti.
Gli attrezzi minimi necessari sono: matita, coltello-ronchetto, sgorbie di varie misure, scalpelli, martello o mazzetta di legno da scultori, seghetto, carta abrasiva di grane differenti e, per i più esigenti, fresa meccanica con albero flessibile munito di frese dalle varie funzioni.
Un’ultima considerazione da tener presente: per questioni ottiche, l’altezza del Dai, piedini compresi, dovrebbe avere le stesse proporzioni come quelle di un bel Bonsai maturo inserito in un vaso appropriato.
ecniche di lavorazione per creare il Dai.
Dopo aver tracciato il perimetro delle pietre, taglio con il seghetto elettrico la parte di asse necessaria per poter ricavarne le basi.
Tre pietre avranno il loro Dai.
Pietra paesaggio dal carattere “femminile”.
Haina traccia il perimetro della pietra.
Controllo dell’intaglio scavato.
Haina avvicina la pietra introducendola nell’intaglio della base di legno per verificarne la tenuta.
La base di legno è stata ultimata, levigata e verniciata. Ora è pronta ad accogliere la pietra che diventerà così un Suiseki.
Il daiza visto dalla parte posteriore.
I piedini seguono anche sul retro le linee dominanti della pietra.
Il connubio della pietra con il Daiza è stato ottenuto, ed entrambi sembrano appartenere a se stessi. Le linee morbide della pietra ben armonizzano con quelle del piedistallo, ed ora il Suiseki è pronto per essere esposto e ammirato, fornendo al visitatore spunti di interpretazione individuale.
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Pietra “Anatrosauro”.
Questa pietra ha le sembianze di un animale preistorico simile all’Anatrosauro ripreso nel suo “ambiente” naturale mentre nuota nelle calme acque di un lago. Il Dai è stato studiato per simulare il “movimento dell’acqua” prodotto dall’animale.
Con il coltello-ronchetto è stato tolto il legno eccedente lungo i fianchi del Dai
Scalpelli e sgorbie sono strumenti necessari per scolpire il Dai. Ma in questa fase di lavorazione bisogna prestare la massima attenzione per non danneggiare i piedini e il profilo del piedistallo.
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Suiseki “in meditazione”.
Il monaco Zen, allontanatosi dal tempio, si raccoglie in meditazione a contatto con una natura incontaminata.
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Re: SUISEKI, ARTE O FILOSOFIA?
Armando, tanto di cappello. nella rivista non c'era tutto, forse in un altra visto che c'era scritto continua... il suiseki ha avuto un evoluzione da quel tempo a ora, io poi seguo questa evoluzione,ma rimango a quello che ho imparato e capito, semplicità, oltre non vado, semplicità a comparare nella pietra,e sottolineo pietra, non minerale, quello che esiste in natura,e devo dire che in tanti anni ho visto nelle pietre quello che non ho mai visto con i miei occhi,ma esiste, è bello questo ed è strano come posso capire una pietra e compararla in cose che non ho mai visto? è fantastico! Grazie Armando della tua testimonianza in questa arte.
Re: SUISEKI, ARTE O FILOSOFIA?
è vero Carlo, il suiseki come il bonsai ha avuto in questi due ultimi decenni una grande evoluzione, ed è giusto che sia così. Ma senza le basi tracciate dai pionieri non ci sarebbe stata l'evoluzione, in entrambi i casi.
Arco Bonsai 1986
Questa esposizione ad Arco Bonsai fatta nel 1986 è stata sicuramente la prima mostra importante a livello europeo dove esposi alcuni Suiseki e Bonsai. Ma la mia prima esposizione a livello locale la feci nel 1976 nella mia città adottiva di Belluno.
Purtroppo non ho foto dell'epoca, ma alcuni miei Suiseki e naturalmente Bonsai sono visibili nella foto che feci ad Arco.
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Purtroppo non ho foto dell'epoca, ma alcuni miei Suiseki e naturalmente Bonsai sono visibili nella foto che feci ad Arco.
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Re: SUISEKI, ARTE O FILOSOFIA?
Vedo solo ora questo bel post Armando....e sono sempre piu' sorpreso dalla tua sete di conoscenza che spazia dal bonsai ai suiseki....sei proprio un artista a tutto tondo.....Complimenti!!!!!
giancarlo- .
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